Trenino di Capodanno


Questo non è un mio racconto, lo ha scritto mio marito, il mio Padrone. Pur essendo una fantasia è un racconto molto intimo e personale, ne viene fuori una Nora ben tratteggiata, tratteggiata da mano molto esperta perché chi meglio di lui può farlo, mi conosce così bene e da così tanto tempo 🙂

Buona lettura


Ho sempre avuto gusti particolari.

Amo la sua intelligenza, ancora prima di amare il suo culo. Amo anche la sua leggera superbia, e il suo essere presuntuosa. Sono caratteristiche che riesce a mascherare molto bene con gli altri.
Ma non con me.
In modo analogo, anche lei, è da sempre attratta da uomini dotati di un certo spessore mentale.
Meglio se superano il metro e ottanta e, senza ipocrisie, se dotati di un cazzo degno di nota.

A tal proposito ricordo con grande eccitazione un episodio, capitato lo scorso anno.
Le feste natalizie erano passate molto bene, tranquille. Uscivamo da un mese di discussioni, causate dalla gelosia. Da un po di tempo mi accusava di fare il “piacione” con alcune clienti. In cuor mio sapevo che aveva ragione, non sono mai stato un santo. Ma allo stesso tempo non sopportavo quell’atteggiamento da finta perbenista, che puntualmente tirava fuori solo quando le faceva comodo.
Infatti sapevo bene quanto sbavava dietro un collega. Ma facevo finta di niente. Anzi, diciamo che se avesse deciso di farsi scopare, mi sarebbe piaciuto sapere come avrebbe reagito, dopo diciotto anni, davanti a un cazzo diverso e, probabilmente, più grosso del mio.

Due giorni prima di capodanno, mentre facevamo il letto, parlavamo di cosa fare o non fare per la cena del trentuno.
Una coppia di amici aveva rifiutato l’invito all’ultimo momento, quindi saremmo stati soli.

– “Perché non inviti quel tuo collega?”
– “Quale?”
– “Lo sai benissimo…”

Non la guardavo neanche in faccia. Ma sapevo che espressione aveva il suo viso. La sua voce, perdendo la sua solita tonalità da intellettuale stronza, rispose flebilmente.

– “Ah…”
– “Quindi? Lo invitiamo o no?”

Si sedette sul letto, poggiando le mani sulle cosce. Il suo viso, mascherato da un sorrisino forzato, stava già elaborando una scusa.

– “Amore dai…”
– “Dai cosa? Guarda che sono tranquillo… so che andate d’accordo e mi fa piacere conoscerlo. Mi hai sempre fatto due coglioni cosi parlandomi di lui… poi mi hai raccontato che a breve non sarà più con voi, chiamalo e basta.”

Era stato un colpo basso. Me ne rendo conto. Ma vederla tutta la sera agitata fu piacevole. Solitamente, poi, mi succhia il cazzo con un trasporto quasi mistico, che riesce a mettere in discussione pure il mio ateismo. Ma quel pomeriggio me lo succhiò in modo diverso. Quella bocca aveva una marcia in più.

Passò il resto della serata a letto, attaccata al cellulare. Ma non dissi nulla. Era giusto cosi. A cena parlammo poco e la serata si concluse abbastanza freddamente. Infatti andò letto subito dopo, con una buonanotte quasi imbarazzata.

– “Buongiorno…”
– “Buongiorno. Dormito bene?”

Ci svegliammo verso le nove. Con molta calma.

– “Si… abbastanza. Ascolta…”
– “Dimmi.”
– “Il mio collega mi ha detto che per domani va bene, però amore, voglio che non pensi cose str…”
– “Stai zitta. Non devi giustificare nulla. È solo un collega. O no??”
– “Si si solo un collega. Certo.”

Troia.
Bugiarda.
E ancora troia.

Sapevo che moriva dalla voglia di farsi fottere da quello stronzo. Ne ero certo.
Magari qualcosa era già successa.
E la cosa mi piaceva. Mi irritava e mi piaceva.

Passammo la giornata serenamente. Percepivo da parte sua un pò di tensione. Comprensibile, mi dissi.
È un collega che lei adora, so che si farebbe scopare senza problemi.
Oppure, si è già fatta chiavare.
Puttana.
Ma la amo lo stesso.
Anche da puttana.
Anzi, forse anche di più.

LA CENA

Se c’è una cosa che amo è vedere quel suo culone stretto in quei pantaloni neri.
Imponente su quei tacchi.
Quella sera le ordinai di non risparmiare sulla scollatura.
E di non mettere il reggiseno.
Ovviamente obbedì senza battere ciglio.
Un poco di rossetto ed era pronta.

Come la cena. Pronta per essere gustata.

Passammo l’ultima ora, prima dell’ arrivo dell’ospite, a leggere in silenzio.
Il suono del campanello.

– “Cazzo, è in orario. Mi è già simpatico!”

Lei Si posizionò accanto al lavandino, intenta a stappare un prosecco. Io andai a fare gli onori di casa.

– “Ciao accomodati! Molto piacere.”
– “Ciao, il piacere è mio.”

Tra loro si salutarono con naturalezza.
Ovviamente fingendo di merda.

Un piccolo brindisi e la serata proseguì, devo ammettere, piacevolmente.
Certo che è proprio un bell’uomo, pensai, alto, belle spalle, bel modo di fare. Sicuro di se il tanto giusto da non farmi incazzare.
Mi piaceva.
Arrivammo alla fine del primo ridendo e scherzando. Quella troia si era talmente rilassata che quasi si era dimenticata di quanto stavo controllando i loro sguardi.

Lei – “Ok… porto il secondo?”
Lui – “Per me va bene…”
Io – “ No. Il secondo può aspettare”
Lei – “Ok…”

Ritornò a sedersi lentamente.
Attimi di silenzio.
Fissavo lei. E sorridevo lui.

– “Ti piace mia moglie?”
– “In che senso…?”
– “Nel senso che sai”
– “Amore… cosa stai dicendo?”
– “Sto solo facendo una domanda al nostro ospite” “Quindi? Ti piace mia moglie?
– “Beh, indubbiamente è una bella donna… ma davvero parlarne cosi mi mette un po’ in imbarazzo…”

Quello che volevo. Imbarazzo.

Era la situazione che sognavo da due giorni. Sentii il mio cazzo pulsare. Era un momento fantastico.

– “Scusatemi un attimo. Vado in bagno.”
Nell’alzarmi mi avvicinai a lei e le sussurrai all’orecchio:

– “Basta cazzate. Sarò qui tra circa dieci minuti. Come torno voglio trovarti col suo cazzo in bocca. Dimmi che hai capito.”

– “Si. Ho capito…”

Rispose tenendo lo sguardo fisso su di lui. La sentii deglutire. Come mi avvicinai al suo orecchio ebbi l’istinto di scoparla dandole della troia, ma riuscì a controllarmi.

Entrai in bagno, mi calai i pantaloni e mi sedetti sul cesso.
Guardavo il mio cazzo eretto. La cappella era umida. L’umore aveva creato una fastidiosa macchia sulle mutande, e mi vidi costretto e toglierle.

Ok. Dieci minuti sono passati. Pensai.
Aprii la porta del bagno, facendo di tutto per farmi sentire. Ed entrai in soggiorno con aria per niente sorpresa.

Lui era li, ancora seduto a tavola, leggermente scostato. Le braccia gli pendevano dal corpo, e il tovagliolo ancora era stretto sulla mano destra.

Era giù. Inginocchiata. Vidi subito la sua testa nera che si muoveva avidamente. Mi avvicinai lento dietro di lui, e gli poggiai le mani sulle spalle.

Lei sollevò lo sguardo verso me.
Quella puttana si era pure lasciata gli occhiali.

Succhiava avidamente il suo cazzo, un cazzo ben più grosso del mio. Se lo gustava bene.
Ricordo bene come lo impregnava di saliva. Come gli leccava i coglioni.

– “Dimmi caro mio… succhia bene mia moglie?”
– “Si…”
– “Allora diglielo tu stesso. E tu continua…”

Lui – “Cazzo si… succhi bene. Molto bene…”

A quel punto si lasciò andare.
Lo capii da un piccolo gesto.
Lanciò il tovagliolo sulla tavola e con prepotenza iniziò a spingerle la testa verso il suo cazzo.
Una. Due. Tre volte.
Lei mugolava a ogni spinta e seguiva con la testa i movimenti delle sue mani. Povera cervicale pensai. Ma era il momento.

Mi posizionai dietro di lei.
Le abbassai i pantaloni e le mutande. Il suo culone bianco era uno spettacolo.

Non sto a dire quanto fosse bagnata, ricordo che le odorai il buco del culo e affondai la mia lingua, senza curarmi di quale pertugio stessi lavorando.

Lui iniziò ad accarezzarle la testa. Lo lasciai fare.
Ma lei con un gesto veloce, quasi stizzita, le scostò la mano, e subito dopo iniziò a cercare il mio cazzo.

– “Amore… ti prego. Scopami”
– “Pensi di meritarlo brutta troia?”
– “No amore mio… no. Ma ne ho bisogno”

Erano le parole che volevo sentire.

Sfilai il mio cazzo dalla patta dei jeans e iniziai a fotterla con forza.

– “Continua a succhiare puttana… VELOCE!”

Continuai a scoparla con un piacere strano.
Il mio cazzo entrava e usciva da quella figa umida.
Il cazzo di lui entrava e usciva dalla sua bocca.

Senza preavviso quello stronzo le venne in viso. Schizzò talmente tanto che lei dovette continuare a menarglielo con la mano per farlo smettere.

Io continuai a sbatterle la figa ancora per qualche minuto.
Le sborrai dentro. Leccandole il collo. Dopodiché sfilai di scatto il cazzo ancora duro, e la lasciai.
La lasciai per terra. Sudata. Sporca di sborra calda e appiccicosa.

Aveva gli occhi chiusi e un leggero sorriso. Era felice. Cazzo quanto l’ho amata in quel momento.

Mi sedetti sul divano. Lui velocemente si sistemo i pantaloni.

– “E lei?”
– “Sta bene dove sta. Di lei mi preoccupo io… se devi andare vai”
– “Ok, come volete. Grazie per la cena”
– “Figurati. Dimenticavo… ho saputo che hai accettato un impiego a Torino.”
– “Si, parto tra due settimane…”
– “Bene. Sono felice per te. Buon proseguimento di serata, scusa se non ti trattengo per il brindisi di mezzanotte.”
– “No no… scherzi? Ancora auguri a entrambi. Ciao…”

Mancava ormai un quarto d’ora al nuovo anno. La sollevai da terra e le asciugai il viso.

Andò a farsi una doccia. In silenzio.
Fuori, nel frattempo, i fuochi d’artificio iniziavano a illuminare il cielo.
La raggiunsi in bagno, e vidi il suo viso stanco ma felice in mezzo al vapore.
Seduta, in accappatoio, sulla tavoletta del cesso.

Mi inginocchiai in mezzo alle sue gambe e le accarezzai il viso ancora umido.

– “Quante volte ci avevi scopato?”
– “Due volte…”
– “E perché non me lo hai detto? Lo sai che non mi sarei incazzato.”
– “Nascondertelo mi ha fatto sentire più troia amore… e mi è piaciuto”

Come darle torto.

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